śavāsana la “posizione del cadavere”
14 mag 2025

Mi capita spesso di riflettere, durante la preparazione delle lezioni, su quando e per quanto tempo inserire śavāsana e su come presentarlo alle mie allieve.
I profani dello Yoga e chi predilige lezioni dinamiche considerano di frequente śavāsana un tempo “perso”, un momento di noia, in cui non sembra accadere nulla, pare di non aver assunto alcuna posizione e, di conseguenza, non aver nulla da fare o su cui concentrarsi...Ma è davvero così?
Partiamo dall’origine del nome: śavāsana deriva dal sanscrito śava, cadavere, e āsana, posizione, proprio perchè ricorda la posizione di un corpo senza vita. Tuttavia è meglio evitare di indicare di assumere śavāsana utilizzando la sua traduzione letterale, in quanto la morte nella cultura occidentale ha connotati molto diversi da quelli della cultura orientale e indiana in particolare. In stati meditativi profondi il richiamo alla morte potrebbe smuovere aspetti inconsci e far sorgere sensazioni di inquietudine, paura e sgomento, soprattutto nei praticanti meno esperti. Per questo motivo, se si vuole essere portavoce di una pratica adatta a tutti e rispettosa dell’equilibrio psico-fisico degli allievi, è meglio prediligere la traduzione più delicata: “posizione dell’uomo che dorme”, che piacevolmente accompagna nell’immersione in uno stato di quiete e rilassamento profondo, favorendo la resa e l’ascolto, l’apertura ad accogliere la beatitudine nella nostra vita.
śavāsana non è così semplice da assumere e non risulta comodo alla maggior parte delle persone, per cui è bene fare gli aggiustamenti e utilizzare i supporti adeguati per consentire al corpo di mantenere la posizione anche per tempi prolungati, come capita in Yoga nidrā.
Nello Hatha Yoga Pradipika di Svatmarama, un importante testo dello Yoga, il capitolo 1 verso 32 contempla śavāsana affermando che elimina la fatica e reca riposo allo spirito. Soprattutto a seguito di pratiche dinamiche, come il Saluto al Sole, śavāsana è fondamentale per rilassare il sistema psico-fisico e riportare il respiro al suo ritmo naturale. Migliora anche la qualità del sonno, riduce l’ansia e aumenta la concentrazione e la memoria.
Forse non tutti sanno che śavāsana richiede consapevolezza spirituale su ajna cakra, il terzo occhio, il sesto cakra, che nella fisiologia yogica è legato all’intuizione, alla visione interiore.
śavāsana è un vero e proprio āsana, anzi, secondo la tradizione, il più importante di tutti, poiché consente di metabolizzare in profondità gli effetti degli āsana precedentemente eseguiti oppure gli effetti della pratica di rilassamento o meditativa in corso.
In śavāsana il nostro essere sperimenta l'abbandono, il lasciar fluire, la stabilità, la consapevolezza, senza cui non potremmo mantenere e sostenere gli aspetti caratterizzanti della nostra vita materiale e spirituale. Vivendo questa posizione possiamo riassorbire le nostre esperienze passate e predisporci per il manifestarsi di una nuova creazione, aprendoci a nuove possibilità, forti di una consapevolezza rinnovata.
In questo processo si realizzano le tre fasi del ciclo cosmico secondo la tradizione vedica: il dissolvimento, rappresentato dal dio Śiva, il mantenimento, associato al dio Viṣṇu, e la creazione, collegata al dio Brahmā. Tuttavia il ciclo non potrebbe compiersi nel mondo se non ci fosse śakti, la forza vitale che permea tutti e tre gli stati e consente loro di realizzarsi. Così, in śavāsana, una posizione apparentemente statica e inerte, il nostro essere si sta colmando di prāṇa, energia vitale.
Grazie a questa premessa diventa comprensibile un riferimento molto interessante, appartenente alla tradizione tantrica. Qui la liberazione, mokṣa, è raggiunta tramite l’Unione di Śiva, il principio di coscienza, e Śakti, il principio di creazione. L’importanza data a Śakti, snobbata in altre tradizioni, è enorme, tanto da affermare che Śiva, pura coscienza, senza Śakti, sarebbe solo un cadavere, inattivo e impotente, śava. Śiva e Śakti sono così due facce della stessa medaglia.
E tu affronterai ora śavāsana con un nuovo atteggiamento più consapevole?
śavāsana la “posizione del cadavere”
14 mag 2025

Mi capita spesso di riflettere, durante la preparazione delle lezioni, su quando e per quanto tempo inserire śavāsana e su come presentarlo alle mie allieve.
I profani dello Yoga e chi predilige lezioni dinamiche considerano di frequente śavāsana un tempo “perso”, un momento di noia, in cui non sembra accadere nulla, pare di non aver assunto alcuna posizione e, di conseguenza, non aver nulla da fare o su cui concentrarsi...Ma è davvero così?
Partiamo dall’origine del nome: śavāsana deriva dal sanscrito śava, cadavere, e āsana, posizione, proprio perchè ricorda la posizione di un corpo senza vita. Tuttavia è meglio evitare di indicare di assumere śavāsana utilizzando la sua traduzione letterale, in quanto la morte nella cultura occidentale ha connotati molto diversi da quelli della cultura orientale e indiana in particolare. In stati meditativi profondi il richiamo alla morte potrebbe smuovere aspetti inconsci e far sorgere sensazioni di inquietudine, paura e sgomento, soprattutto nei praticanti meno esperti. Per questo motivo, se si vuole essere portavoce di una pratica adatta a tutti e rispettosa dell’equilibrio psico-fisico degli allievi, è meglio prediligere la traduzione più delicata: “posizione dell’uomo che dorme”, che piacevolmente accompagna nell’immersione in uno stato di quiete e rilassamento profondo, favorendo la resa e l’ascolto, l’apertura ad accogliere la beatitudine nella nostra vita.
śavāsana non è così semplice da assumere e non risulta comodo alla maggior parte delle persone, per cui è bene fare gli aggiustamenti e utilizzare i supporti adeguati per consentire al corpo di mantenere la posizione anche per tempi prolungati, come capita in Yoga nidrā.
Nello Hatha Yoga Pradipika di Svatmarama, un importante testo dello Yoga, il capitolo 1 verso 32 contempla śavāsana affermando che elimina la fatica e reca riposo allo spirito. Soprattutto a seguito di pratiche dinamiche, come il Saluto al Sole, śavāsana è fondamentale per rilassare il sistema psico-fisico e riportare il respiro al suo ritmo naturale. Migliora anche la qualità del sonno, riduce l’ansia e aumenta la concentrazione e la memoria.
Forse non tutti sanno che śavāsana richiede consapevolezza spirituale su ajna cakra, il terzo occhio, il sesto cakra, che nella fisiologia yogica è legato all’intuizione, alla visione interiore.
śavāsana è un vero e proprio āsana, anzi, secondo la tradizione, il più importante di tutti, poiché consente di metabolizzare in profondità gli effetti degli āsana precedentemente eseguiti oppure gli effetti della pratica di rilassamento o meditativa in corso.
In śavāsana il nostro essere sperimenta l'abbandono, il lasciar fluire, la stabilità, la consapevolezza, senza cui non potremmo mantenere e sostenere gli aspetti caratterizzanti della nostra vita materiale e spirituale. Vivendo questa posizione possiamo riassorbire le nostre esperienze passate e predisporci per il manifestarsi di una nuova creazione, aprendoci a nuove possibilità, forti di una consapevolezza rinnovata.
In questo processo si realizzano le tre fasi del ciclo cosmico secondo la tradizione vedica: il dissolvimento, rappresentato dal dio Śiva, il mantenimento, associato al dio Viṣṇu, e la creazione, collegata al dio Brahmā. Tuttavia il ciclo non potrebbe compiersi nel mondo se non ci fosse śakti, la forza vitale che permea tutti e tre gli stati e consente loro di realizzarsi. Così, in śavāsana, una posizione apparentemente statica e inerte, il nostro essere si sta colmando di prāṇa, energia vitale.
Grazie a questa premessa diventa comprensibile un riferimento molto interessante, appartenente alla tradizione tantrica. Qui la liberazione, mokṣa, è raggiunta tramite l’Unione di Śiva, il principio di coscienza, e Śakti, il principio di creazione. L’importanza data a Śakti, snobbata in altre tradizioni, è enorme, tanto da affermare che Śiva, pura coscienza, senza Śakti, sarebbe solo un cadavere, inattivo e impotente, śava. Śiva e Śakti sono così due facce della stessa medaglia.
E tu affronterai ora śavāsana con un nuovo atteggiamento più consapevole?




